Civile

Sanzionabile Il giudice che differisca i casi più complessi dando la precedenza alle questioni di facile soluzione (Cassazione Sezioni Unite Civili 14487/2003)

E’ sanzionabile disciplinarmente la
condotto di un  giudice che differisca i casi più complessi
privilegiando le questioni di facile soluzione in quanto siffatto
atteggiamento compromette il prestigio dell’ordine giudiziario. 
 


Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza
n.14487/2003

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

SENTENZA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della
Magistratura, con sentenza resa in data 5 aprile- 30 luglio 2002, ha
inflitto al dott. F. S., già Pretore di Gaeta ed in atto consigliere
presso la Corte d’Appello di Napoli, la sanzione disciplinare
dell’ammonimento, avendolo ritenuto responsabile di violazione
dell’art. 18 r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, per aver mancato di
operosità e laboriosità, redigendo, quale magistrato addetto al settore
civile, un numero di sentenze assolutamente esigo (159 nel 1996, 134 nel
1997 e 178 nel 1998) e nettamente inferiore a quello degli altri colleghi,
privilegiando nelle pronunce quelle relative a questioni seriali e di più
agevole soluzione, ponendo cosi’ in essere un comportamento ampiamente
censurato dall’ambiente forense e dai cittadini, rendendosi immeritevole
della stima e del prestigio riservati agli appartenenti all’ordine
giudiziario.

A tale conclusione, si legge nella sentenza, il giudice
disciplinare è pervenuto sulla base delle valutazioni ampiamente
condivise e espresse dagli avvocati del foro di Gaeta, del rapporto
statistico della produttività dell’incolpato con quella di magistrati,
i dottori D. e P. della sede Latina, svolgenti analoghe funzioni, degli
accertamenti compiuti dal Presidente dell Tribunale di Latina, che hanno
consentito di cogliere, non solo il dato quantitativo espresso dai rilievi
statistici, ma anche quello relativo alla qualità dei procedimenti
trattati dal dott. S.

Sotto il profilo quantitativo, osserva la Sezione
Disciplinare, anche considerandosi gli ulteriori dati documentati
dall’incolpato, deve ritenersi che il grado di laboriosità dello stesso
fosse inferiore alla media, essendo risultata un produzione inferiore,
rispettivamente, del 15% e del 30% a quella dei suddetti colleghi di
Latina, con una media, con riferimento al numero delle udienze, di due
udienze alla settimana.

Nella consapevolezza della possibile equivocità in
astratto del dato numerico, il giudice disciplinare osserva che nel caso
in esame anche il dato qualitativo, desunto dalla tipologia delle
controversie cui si riferiscono le sentenze prodotte dall’incolpato,
depone per una scarsa laboriosità dello stesso, poichè
dall’accertamento compiuto dal presidente del tribunale di Latina
dell’epoca emerge che sulle sentenze in materia civile pronunciate dal
dott. S. negli anni 1998 e 1999 l’incidenza di quelle riguardanti
procedimenti di opposizione alle ingiunzioni amministrative è,
rispettivamente, del 38% e del 55% e che, inoltre, nel 1998 egli ha
pronunciato solo 110 sentenze in controversie ordinarie.

Da ultimo, la decisione della Sezione Disciplinare
rimarca la larga insoddisfazione che, come riferimento da taluni avvocati
e/o rappresentanti del Consiglio dell’ordine di Latina, aveva prodotto
tra gli avvocati di Gaeta la condotta dell’incolpato, che, pur
apprezzato per la sua capacità professionale, era giudicato negativamente
per la propensione al rinvio delle decisioni più complesse.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il
dott. S., affidandosi a tre motivi, illustrati da successiva memoria.

Gli intimati, Ministero della Giustizia e Procuratore
Generale presso questa Corte, non hanno svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo il ricorrente censura la sentenza
impugnata per nullità di essa in conseguenza di violazione e falsa
applicazione dell’art. 462 del previgente codice di procedura penale
nonchè per omessa, insufficiente, lacunosa, contraddittorietà ed
illogica motivazione su documenti, elementi e punti decisivi della
controversia.

All’uopo, rileva che illegittimamente, in violazione
della citata norma, il giudice disciplinare ha utilizzata la deposizione
resa al Procuratore Generale della dott.ssa M., poichè il teste non era
incluso nella lista dei testi predisposti dalla Sezione Disciplinare e
sulla lettura della sua deposizione non era stato acquisito il consenso
dell’incolpato.

Osserva, inoltre, il ricorrente che la sentenza
impugnata, pur valorizzando le deposizioni rese dai testi Avv. M. e Avv.
M., omette di prendere in considerazione il documento, sottoscritto da ben
56 avvocati della Camera di Consiglio di Latina, tendente, sulla base di
un espresso apprezzamento per la serietà e la professionalità di esso
ricorrente, a provocare la revoca od il differimento dell’anticipato
possesso dello stesso ricorrente, che era stato trasferito alla Corte
d’Appello di Napoli.

Peraltro, la deposizione dell’Avv. M. era perplessa
con riferimento al numero di avvocati che avrebbero espresso
insoddisfazione per l’operato di esso ricorrente.

Le varie censure in cui il motivo si articola
risultano, tutte, prive di fondamento.

La deposizione della dott.ssa M., pur menzionata nel
corso dell’esposizione dei fatti della sentenza impugnata, non risulta
in alcun modo valorizzata in sede di valutazione delle risultanze
istruttorie.

Comunque, la sua eventuale utilizzazione non poteva
essere censurata sotto il profilo evidenziato dal ricorrente, non avendo,
l’incolpato, eccepito alcunchè, in sede di giudizio disciplinare, a
fronte del provvedimento che ne disponeva la lettura.

è noto, invero, che il silenzio serbato dalle parti di
fronte alla irregolare lettura di deposizioni testimoniali sana ogni
nullità relativa alla lettura stessa.

Quanto, poi, all’omesso esame del documento
sottoscritto da 56 avvocati della Camera Civile di Latina, la Sezione
Disciplinare ha preferito far ricorso, al fine di stabilire il grado di
apprezzamento della laboriosità del dott. S., al diretto esame di
rappresentanti di quel Foro, tra i quali anche alcuni che avevano
ricoperto cariche nel Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Latina
(l’Avv. P. e l’Avv. M., quest’ultimo anche vice pretore onorario) e
tale scelta, al pari dell’attribuzione di attendibilità ai testi
escussi, si sottrae alla possibilità di censure, costituendo espressione
legittima del potere discrezionale del giudice di merito di individuare le
fonti del proprio convincimento, scegliendo, tra le complessive risultanze
del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la
veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando cosi’ liberamente prevalenza
all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (cfr. Cass. n.
4916/2000).

Ne maggior pregio puo’ riconoscersi al rilievo critico
riguardante la deposizione dell’Avv. M., nella parte relativa alla
vastità dell’insoddisfazione esistente tra gli avvocati nei confronti
dell’incolpato, essendo evidente, dalla lettura del passo di tale
deposizione riportato nel corso, la correttezza della valutazione datane
dalla Sezione Disciplinare, che anche da essa ha tratto il convincimento
della larga insoddisfazione serpeggiante nel Foro di Gaeta sia a causa
della scarsa produttività in generale del dott. S. sia, in particolare,
per la tendenza dello stesso a sottrarsi, rinviandole, alle decisioni più
complesse.

Col secondo motivo il ricorrente denuncia nullità
della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 477 del
previgente codice di procedura penale nonchè per omessa, insufficiente,
lacunosa, contraddittoria ed illogica motivazione su documenti, elementi e
punti decisivi della controversia.

La violazione del principio di correlazione tra
incolpazione e decisione si sarebbe sostanziata, ad avviso del ricorrente:
nel prendere in considerazione, ai fini del computo delle sentenze
seriali, l’anno 1999, non compreso nel periodo oggetto dell’incolpazione,
trascurando, invece, di esaminare gli anni 1996 e 1997, che in quel
periodo erano compresi; nel comparare la sua produttività a quella dei
colleghi D. e P., non indicati nel capo di incolpazione; nel considerare
sentenze seriali le decisioni assunte nelle controversie relative alle
sanzioni amministrative, ugualmente mai indicate nel capo di incolpazione,
senza che a sanare la conseguente nullità potesse valere la precisazione
verbale operata, su sua sollecitazione, del Procuratore Generale nel corso
dell’interrogatorio reso in istruttoria; nel prendere in considerazione
un numero di sentenze diverso da quello precisato nel capo di incolpazione;
nell’aver valorizzato circostanze, riferite dai testi escussi, che non
avevano alcuna attinenza con i profili di colpa contestati; il che,
secondo il ricorrente, integrerebbe anche il denunciato vizio di
contraddittorietà nella motivazione, avendo, il giudice disciplinare,
precisato che l’addebito riguardava la scarsa laboriosità nel settore
civile, desunta dal raffronto con la produttività di altri magistrati
addetti all’ufficio con analogo carico di lavoro.

La censura, nelle sue varie articolazioni, si rivela
infondata od inammissibile.

La rilevazione relativa all’incidenza delle
controversie seriali, compiuta nella sentenza impugnata sulla base della
nota del Presidente del Tribunale di Latina, riguarda, in primo luogo,
l’anno 1988, compreso nel triennio preso in considerazione ai fini
dell’incolpazione e, con riferimento a tale anno, eidenzia
un’incidenza del 38%, correttamente ritenuta elevata dal giudice
disciplinare (peraltro, in relazione allo stesso anno, è emerso che il
dott. S. ha prodotto soltanto 110 sentenze in controversie ordinarie).

è evidente che l’ancora più elevata incidenza (il
53%) riscontrata in relazione all’anno 1999, non compreso nel periodo
oggetto della contestazione, viene evidenziata al solo scopo di rimarcare
la tendenza dell’incolpato a reiterare la condotta negligente.

Giova, peraltro, aggiungere che, come emerge dalla
decisione impugnata (cfr. fg. 11), i dati al riguardo rilevati non furono
dal dott. S. contestati nella fase di merito e che egli, pur rilevando
l’omesso esame dell’incidenza delle decisioni seriali con riferimento
agli anni 1996 e 1997, si è astenuto dal documentare, in fase di merito,
una diversa e più favorevole incidenza in quegli anni.

Quanto ai rilievi svolti sub b) e c), si osserva,
preliminarmente, che essi evidenziano violazioni del principio di
specificità dell’incolpazione, anzichè, quella, denunciata, dal
ricorrente, del principio di correlazione tra contestazione e decisione.

Il vizio è, comunque, infondato, nn potendosi ritenere
generica l’incolpazione quando la sua formulazione, ancorchè non
estremamente dettagliata, evidenzi come nel caso in esame, anche in
considerazione delle valide specificazioni verbali operate dall’organo
dell’accusa in sede d’interrogatorio, i tratti fondamentali
dell’illecito disciplinare attribuito all’incolpato, si da consentire
allo stesso di difendersi adeguatamente.

Nella specie, alla stregua del principio di diritto ora
enunciato, devesi ritenere che sia stato agevole per il dott. S. intendere
che l’accusa muoveva dalla comparazione della sua produttività con
quella di colleghi dello stesso ufficio, addetti alla trattazione di
materie analoghe alla sua e che l’accusa di aver privilegiato le
decisioni in controversie riguardava la materia delle controversie
relative alle opposizioni alle ingiunzioni amministrative.

La violazione del principio di correlazione tra
contestazione e decisione non ricorre, di certo, con riferimento al numero
di sentenze preso in considerazione, essendo evidente che l’aver fatto
derivare il giudizio di colpevolezza da un numero di provvedimenti
maggiore di quello indicato nel capo di incolpazione sta ad evidenziare
soltanto che la decisione impugnata prende atto dei dati numerici forniti
dall’incolpato ed a lui più favorevoli, ma, cionondimeno, ritiene
ugualmente modesta la produzione.

Trattasi, dunque, di statuizione corretta in diritto,
ben potendo il giudice pervenire ad un’affermazione di responsabilità a
fronte dell’accertamento di un illecito quantitativamente meno grave,
sempre che, come nel caso in esame, la qualificazione giuridica
dell’illecito resti immutata.

Da ultimo, manifestamente inammissibile risulta il
rilievo sub e), perchè il ricorrente non specifica i profili di colpa,
diversi da quelli contestati, sui quali si reggerebbe la decisione
impugnata.

Col terzo motivo il ricorrente si duole di omessa,
insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione su documenti,
elementi e punti decisivi della controversia nonchè di violazione e falsa
applicazione dell’art. 18 r.d.l.n. 511 del 1946, adducendo che: la
motivazione della decisione impugnata è inficiata da illogicità nel
criterio argomentativo, nella parte in cui classifica come seriali le
controversie relative ad apposizione alle ordinanze, ingiunzioni, tale
qualificazione traendo dalla tipicità del procedimento ex lege n. 689 del
1981 e trascurando di considerare, da un lato, la varia ed ampia tipologia
delle sanzioni amministrative in riferimento alle quali detto procedimenti
è previsto e, dall’altro, la complessità delle questioni giuridiche
che dette controversie pongono; ugualmente illogico è l’aver ritenuto
fondato l’addebito di aver privilegiata la trattazione e decisione di
dette controversie, nonostante l’omessa comparazione con l’incidenza
della stessa materia nella produzione degli altri magistrati addetti al
settore civile e l’omesso esame delle certificazioni comparative rese
dal Direttore di Cancelleria de

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