Direttiva
2002/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002,
che modifica la direttiva 76/207/CEE del Consiglio relativa all’attuazione
del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per
quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione
professionali e le condizioni di lavoro
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO
DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in
particolare l’articolo 141, paragrafo 3,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato,
visto il progetto comune approvato il 19 aprile 2002 dal comitato di
conciliazione,
considerando quanto segue:
(1) A norma dell’articolo 6 del trattato dell’Unione europea, l’Unione
europea si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dello stato di diritto,
principi che sono comuni agli Stati membri, e rispetta i diritti
fondamentali quali sono garantiti dalla convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, quali
risultano dalle tradizioni costituzionali comuni
(2) Il diritto
all’eguaglianza dinanzi alla legge ed alla tutela contro la
discriminazione per tutti gli individui costituisce un diritto universale
riconosciuto dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dalla
convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di ogni forma di
discriminazione nei confronti della donna, dalla convenzione
internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione
razziale, dai patti delle Nazioni Unite relative ai diritti civili e
politici e ai diritti economici, sociali e culturali, nonchè dalla
convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, di cui tutti gli Stati membri sono firmatari.
(3) La presente
direttiva rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi
riconosciuti, in particolare, dalla Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea.
(4) La parità fra
uomini e donne è un principio fondamentale ai sensi dell’articolo 2 e
dell’articolo 3, paragrafo 2, del trattato CE, nonchè ai sensi della
giurisprudenza della Corte di giustizia. Le suddette disposizioni del
trattato sanciscono la parità fra uomini e donne quale
"compito" e "obiettivo" della Comunità e impongono
l’obbligo concreto della sua promozione in tutte le sue attività.
(5) L’articolo 141 del trattato, ed
in particolare il paragrafo 3, affronta specificamente la parità di
trattamento e di opportunità per uomini e donne in materia di occupazione
e condizioni di lavoro.
(6) La direttiva
76/207/CEE del Consiglio non dà una definizione della nozione di
discriminazione diretta o indiretta. Il Consiglio ha adottato, sulla base
dell’articolo 13 del trattato, la direttiva 2000/43/CE, del 29 giugno
2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone
indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica e la direttiva del
Consiglio 2000/78/CE, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro
generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di
condizioni di lavoro, in cui si dà una definizione di discriminazione
diretta ed indiretta. è pertanto appropriato inserire definizioni
coerenti con le suddette direttive in materia di genere.
(7) La presente
direttiva lascia impregiudicata la libertà di associazione compreso il
diritto di ogni individuo di fondare sindacati insieme con altri e di
aderirvi per la difesa dei propri interessi. Misure ai sensi dell’articolo
141, paragrafo 4, del trattato possono includere l’adesione o la
continuazione dell’attività di organizzazioni o sindacati il cui scopo
principale sia la promozione, nella pratica, del principio della parità
di trattamento fra uomini e donne.
(8) Le molestie
legate al sesso di una persona e le molestie sessuali sono contrarie al
principio della parità di trattamento fra uomini e donne; è pertanto
opportuno definire siffatte nozioni e vietare siffatte forme di
discriminazione. A tal fine va sottolineato che queste forme di
discriminazione non si producono soltanto sul posto di lavoro, ma anche
nel quadro dell’accesso all’impiego ed alla formazione professionale,
durante l’impiego e l’occupazione.
(9) In questo contesto, occorrerebbe incoraggiare i datori di lavoro e i
responsabili della formazione professionale a prendere misure per
combattere tutte le forme di discriminazione sessuale e, in particolare, a
prendere misure preventive contro le molestie e le molestie sessuali sul
posto di lavoro, in conformità del diritto e della prassi nazionali.
(10) La valutazione dei fatti sulla base dei quali si puo’ dedurre che ci
sia stata discriminazione diretta o indiretta è una questione di
competenza dell’organo giurisdizionale nazionale o di altro organo
competente secondo norme del diritto o della prassi nazionale. Tali norme
possono prevedere in particolare che la discriminazione indiretta sia
accertata con qualsiasi mezzo, compresa l’evidenza statistica. Secondo la
giurisprudenza della Corte di giustizia una discriminazione consiste
nell’applicazione di norme diverse a situazioni comparabili o
nell’applicazione della stessa norma a situazioni diverse.
(11) Le attività
professionali che gli Stati membri possono escludere dal campo di
applicazione della direttiva 76/207/CEE dovrebbero essere ristrette a
quelle che necessitano l’assunzione di una persona di un determinato sesso
data la natura delle particolari attività lavorative in questione, purchè
l’obiettivo ricercato sia legittimo e soggetto al principio di
proporzionalità come stabilisce la giurisprudenza della Corte di
giustizia.
(12) La Corte di giustizia ha coerentemente riconosciuto la legittimità,
per quanto riguarda il principio della parità di trattamento, della
protezione della condizione biologica della donna durante e dopo la
maternità. Ha inoltre costantemente decretato che qualsiasi trattamento
sfavorevole nei confronti della donne in relazione alla gravidanza o alla
maternità costituisce una discriminazione diretta fondata sul sesso. La
presente direttiva non pregiudica pertanto la direttiva 92/85/CEE del
Consiglio, del 19 ottobre 1992 concernente l’attuazione di misure volte a
promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro
delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima
direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della
direttiva 89/391/CEE) che intende garantire la protezione dello stato
fisico e mentale delle donne gestanti, puerpere o in periodo di
allattamento. Alcuni considerando della direttiva 92/85/CEE affermano che
la protezione della sicurezza e della salute delle lavoratrici gestanti,
puerpere e in periodo di allattamento non dovrebbe svantaggiare le donne
sul mercato del lavoro nè pregiudicare le direttive in materia di parità
di trattamento tra gli uomini e le donne. La Corte di giustizia ha
riconosciuto la tutela dei diritti delle donne sul piano del lavoro, in
particolare per quanto riguarda il loro diritto a riprendere lo stesso
lavoro o un lavoro equivalente, con condizioni lavorative non meno
favorevoli, nonchè di beneficiare di qualsiasi miglioramento delle
condizioni di lavoro alle quali avrebbero avuto diritto durante
la loro assenza.
(13) Nella
risoluzione del Consiglio e dei ministri incaricati dell’occupazione e
della politica sociale, riuniti in sede di Consiglio, del 29 giugno 2000,
concernente la partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini all’attività
professionale e alla vita familiare, gli Stati membri sono incoraggiati a
prendere in considerazione la possibilità che i rispettivi ordinamenti
giuridici riconoscano ai lavoratori uomini un diritto individuale e non
trasferibile al congedo di paternità, pur mantenendo i propri diritti
inerenti al lavoro. In tale contesto, è importante sottolineare che
spetta agli Stati membri determinare se concedere o meno un tale diritto e
determinare inoltre tutte le condizioni, a parte il licenziamento e il
ritorno al lavoro, che sono al di fuori del campo di applicazione della
presente direttiva.
(14) Gli Stati membri hanno la facoltà, ai sensi dell’articolo 141,
paragrafo 4, del trattato, di mantenere o di adottare misure che prevedono
vantaggi specifici volti a facilitare l’esercizio di un’attività
professionale da parte del sesso sottorappresentato oppure a evitare o
compensare svantaggi nelle carriere professionali. Data la situazione
attuale e tenendo conto della dichiarazione 28 allegata al trattato di
Amsterdam, gli Stati membri dovrebbero, innanzitutto, mirare a migliorare
la situazione delle donne nella vita lavorativa.
(15) Il divieto di
discriminazione non dovrebbe pregiudicare il mantenimento o l’adozione di
misure volte a prevenire o compensare gli svantaggi incontrati da un
gruppo di persone di uno dei due sessi. Tali misure autorizzano
l’esistenza di organizzazioni di persone di tale sesso se il loro
principale obiettivo è la promozione di necessità specifiche delle
persone stesse e la promozione della parità tra donne e uomini.
(16) Il principio della parità di retribuzione tra gli uomini e le donne è
già fermamente stabilito dall’articolo 141 del trattato e dalla direttiva
75/117/CEE del Consiglio, del 10 febbraio 1975, per il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri relative all’applicazione del
principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso
maschile e quelli di sesso femminile ed è costantemente sostenuto dalla
giurisprudenza della Corte di giustizia: questo principio costituisce una
parte essenziale e imprescindibile dell’acquis comunitario in
materia di discriminazioni basate sul sesso.
(17) La Corte di giustizia ha stabilito che, vista la natura fondamentale
del diritto all’effettiva tutela giurisdizionale, i dipendenti godono di
tale tutela anche dopo la fine del rapporto di lavoro. La stessa tutela
andrebbe assicurata a ogni dipendente che difenda, o testimoni in favore
di una persona tutelata ai sensi della presente direttiva.
(18) La Corte di giustizia ha stabilito che, per essere efficace, il
principio della parità di trattamento comporta, qualora sia disatteso,
che l’indennizzo riconosciuto al dipendente discriminato debba essere
adeguato al danno subito. Ha inoltre specificato che stabilire un
massimale a priori puo’ precludere un risarcimento efficace e che non è
consentito escludere
il riconoscimento di interessi per compensare la perdita subita .
(19) Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, le norme
nazionali relative ai termini per agire in giudizio sono ammissibili, a
condizione che esse non siano meno favorevoli di quelle relative ai
termini previsti per analoghe azioni del sistema processuale nazionale e
che non rendano in pratica impossibile l’esercizio di diritti conferiti
dalla normativa comunitaria.
(20) Le vittime di discriminazioni fondate sul sesso dovrebbero disporre
di mezzi adeguati di protezione legale. Al fine di assicurare un livello
più efficace di protezione, anche alle associazioni, organizzazioni e
altre persone giuridiche dovrebbe essere conferito il potere di avviare
una procedura, secondo le modalità stabilite dagli Stati membri, per
conto o a sostegno delle vittime, fatte salve norme procedurali nazionali
relative alla rappresentanza e alla difesa in giudizio.
(21) Gli Stati membri dovrebbero promuovere il dialogo fra le parti
sociali e, nel quadro della prassi nazionale, con organizzazioni non
governative, al fine di affrontare e combattere varie forme di
discriminazione fondate sul sesso nei luoghi di lavoro.
(22) Gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni efficaci,
proporzionate e dissuasive in caso di mancata ottemperanza agli obblighi
derivanti dalla direttiva 76/207/CEE.
(23) Poichè gli scopi dell’azione proposta non possono essere realizzati
in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque essere
realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità puo’ intervenire in
base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato.
La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali
scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello
stesso articolo.