TRIBUNALE DI PISA Sent. N.
202/02 – R.G.C. . N. 536-01 del 21. 03. 2002
TRIBUNALE DI PISA
Sent. N. 202/02 – R.G.C. . N. 536-01 del 21. 03. 2002
REPUBBLICA ITALIANATRIBUNALE DI PISA
-Sezione Monocratica del Lavoro-
NEL NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice d. L. -dr. G. SCHIAVONE- ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa di lavoro iscritta al n. 536/01-R.G.C., decisa
all’udienza del e promossa da
AMMINISTRAZIONE DELLA PUBLICA ISTRUZIONE elettivamente domiciliata in
Firenze nei locali dell’Avvocatura dello Stato che la rappresenta e
difende per legge.
RICORRENTE
C/
OO.SS. Provinciali CGIL/Scuola, CISL/Scuola e SNALS, in persona dei
segretari provinciali pro tempore, elettivamente domiciliati in Pisa nello
studio dell’Avv. F. Baregi che li rappresenta e difende per procura in
atti.
RESISTENTE
OGGETTO: Opposizione avverso decreto ex art. 28 Statuto Lav. di questo
Ufficio del 28. 04. 2001
Il Procuratore di parte ricorrente ha cosí concluso:
"DICHIARARE la legittimazione passiva del Ministero ricorrente in
ordine alla domanda avversaria, RESPINGERE le domande originariamente
proposte dalle OO.SS.e ritenere non antisindacali i comportamenti tenuti
dal Dirigente dell’istituto scolastico " ". Con ogni
conseguenziale provvedimento anche in punto di vittoria di spese".
Il Procuratore delle OO.SS. resistenti ha cosí concluso:
"Integrale conferma del provvedimento impugnato, anche in punto di
vittoria di spese"
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con rituale atto, l’Amministrazione della Pubblica Istruzione ricorre
avverso il provvedimento con cui quest’Ufficio, in accoglimento di
apposito ricorso delle OO. SS. oggi resistenti, accertato il comportamento
antisindacale del Dirigente Scolastico dell’Istituto comprensivo
" " di e dichiarato il difetto di legittimazione del
Ministero della Pubblica Istruzione, ha disposto la rimozione degli
effetti ordinando di:
a) dar corso alla contrattazione decentrata allo scopo convocando le
parti nel termine di gg. 10 dalla comunicazione del presente decreto;
b) esporre all’albo dell’istituto i prospetti riepilogativi
dell’utilizzo delle risorse economiche disponibili per l’erogazione
delle retribuzioni accessorie;
c) assegnare uno spazio per le affissioni sindacali;
d) informare le OO. SS. circa gli organici per l’anno scolastico in
corso e i criteri per la formazione delle classi;
e) di fornire i dovuti chiarimenti sull’utilizzo dei fondi assegnati
dalla Provincia di Pisa per il funzionamento dei corsi per adulti;
f) di trasmettere alle RSU le documentazioni di natura
sindacale provenienti dalle OO.SS. delle scuole di provenienza.
Parte ricorrente, senza avanzare alcuna richiesta istruttoria ma
riportandosi agli atti di prime cure, invoca la declaratoria di propria
legittimazione attiva (e, quindi, passiva per la prima fase), nonchè
l’accertamento, nel merito, della non antisindacalità del comportamento
tenuto dal dirigente scolastico.
Ritualmente si costituiscono le OO. SS. Prov.li chiedendo il rigetto
del ricorso con conferma del decreto ex art. 28, L. n. 300/70 , anche in
punto di legittimazione passiva che ritengono propria dell’Istituzione
scolastica presieduta dal Dirigente citato in lite.
La causa, senza istruttoria alcuna, sulle conclusioni delle parti,
siccome in epigrafe integralmente trascritte, viene decisa con lettura
pubblica del sottoesteso dispositivo all’udienza del
MOTIVI
In via assolutamente preliminare sono da affrontare le questioni
processuali sollevate da parte ricorrente, la quale sostiene l’erroneità
della declaratoria di sostanziale contumacia a carico del Dirigente
Scolastico dell’Istituto , non essendosi questo costituito nelle
forme di rito ma ancor di più per essere essa stessa dichiarata priva di
legittimazione passiva in un giudizio in cui viene contestata la condotta
antisindacale del dirigente di un istituto scolastico munito di personalità
giuridica.
In effetti ha affermato il primo Giudice che:
1) legittimato passivo è il dirigente che ha posto in essere le
denunciate condotte, per il fatto che, l’Istituto dal medesimo
presieduto è munito di personalità giuridica;
2) la costituzione del dirigente non aveva i requisiti minimi voluti
dalla legge (art. 416 cpc.) e, comunque, difettava di rappresentanza; ad
ogni modo aveva omesso di prendere posizione sulle allegazioni avversarie
omettendo di articolare mezzi di prova, cosí rendendo incontestate le
circostanze allegate da parte avversa;
3) per esclusione, era infondata la legittimazione del M.P.I. ma
quand’anche si fosse voluto accedere ad una sua accoglienza, nulla
veniva apportato al merito della causa, posto che la difesa limita alla
richiesta di una sorta di "buona comprensione" per la gestione
di vertenze nuove ed oggettivamente difficoltose per i dirigenti
scolastici.
A tale proposito, in questa fase di opposizione, l’Avvocatura dello
Stato, pur se nel merito si limita al richiamo degli atti depositati sia
dal MPI. che dal D.S., ha rivendicato la propria esclusiva legittimazione
ad essere parte in tali tipi di processi, difettando al contrario, la
legittimazione dei D.S.-
La questione relativa alla legittimatio ad processum (legittimazione ad
essere parte in causa) per quanto attiene alle liti relative al personale
scolastico addetto ai singoli istituti, non è di pronta e facile
soluzione.
Le maggiori perplessità a proposito derivano dall’essere stati
recentemente dotati gli Istituti comprensivi, fra gli altri Istituti
scolastici, di personalità giuridica (L. n. 59/97 e DPR. n. 275/99).
Com’è noto, è questa una vera e propria fictio, in quanto
attraverso una procedura disciplinata dalla legge, viene attribuita ad un
corpo istituzionale o sociale la principale fra le qualità della persona
fisica, cioè l’essere soggetto giuridico a pieno titolo. In vero,
secondo le dottrine più recenti neppure si può parlare di finzione in
quanto si tratta solo di prendere atto che nel mondo giuridico vi sono due
realtà : le persone fisiche e quelle giuridiche, entrambe con la propria
capacità giuridica. Comunque sia, poichè i corpi aggregati non sono ab
origine titolari della personalità ma richiedono una procedura di
attribuzione, si può dire che dal momento del riconoscimento della
personalità , nel mondo del diritto vi è un nuovo soggetto a carattere
generale, un centro cioè d’imputazione di diritti e doveri, nonchè
degli effetti giuridici che l’ordinamento connette ad azioni
giuridicamente rilevanti.
In questo senso non può distinguersi, fra la titolarità della
personalità giuridica e l’essere ente pubblico, per concludere, come fa
l’Avvocatura, che attribuzione della personalità giuridica non vuol
dire creazione di un ente. In realtà nessuno in dottrina distingue fra i
due concetti, in quanto essere ente vuol dire avere la personalità
giuridica e viceversa, tant’ che viene definita come entizzazione la
procedura di attribuzione della personalità .
Summa divisio fra le persone giuridiche è sicuramente quella che
distingue le persone di diritto privato e quelle di diritto pubblico, le
prime sono caratterizzate dal fine squisitamente privatistico da esse
perseguito e se è previsto l’intervento dei pubblici poteri lo è solo
esternamente, allo scopo di impedire che il loro operato risulti
socialmente dannoso. Sul piano dei rapporti intersoggettivi non subiscono,
invece limitazione alcuna (si pensi alle s.p.a.).
Le persone giuridiche di diritto pubblico si caratterizzano, a loro
volta, per essere titolari di uno speciale potere d’imperio che si
esercita nei confronti di tutti i consociati, o almeno, di una grande
parte di essi (basti pensare agli enti pubblici territoriali. Stato,
regioni, Comuni, ecc.), ovvero sono caratterizzati dall’essere enti
strumentali rispetto ad altri di più ampi fini. E’ proprio a
quest’ultima categoria che la dottrina ritiene facciano parte gli enti
che in proprio soddisfano un interesse sostanzialmente riferibile ad altro
ente, cosí, ad esempio, sono tali le Università ma anche tutti gli
Istituti scolastici dotati di personalità giuridica, posto che vada
riconosciuto proprio dello Stato il fine ultimo dell’istruzione
pubblica. Il quale viene realizzato, a differenza di quanto accadeva fino
alla L. n. 59/97, per il tramite non di proprie articolazioni, bensí di
veri e propri soggetti autonomi, dato che giuridicamente vi è sicuramente
una netta distinzione fra la persona giuridica-Stato e la persona
giuridica-Istituto, mentre si deve parlare di semplici articolazioni
locali riguardo a quelle strutture scolastiche non entizzate.
Detto ciò al fine di inquadrare correttamente il fenomeno giuridico,
va riconosciuto che lo stesso non era ignoto al mondo del diritto. A parte
il più macroscopico esempio delle Università , la personalità giuridica
ad Istituti di istruzione di rango inferiore, risulta attribuita fin
dall’inizio degli anni trenta (L. n. 889/31), ad esempio agli istituti
tecnici e professionali. A quell’esperienza conviene volgere lo sguardo
allo scopo di verificare quale fosse, fin d’allora, il tipo di
disciplina riservata al rapporto di lavoro.
La giurisprudenza della Corte Suprema è costante e pacifica nel
rilevare che: "il personale docente degli Istituti statali di
istruzione superiore, che costituiscono organi dello Stato muniti di
personalità giuridica ed inseriti nell’amministrazione statale, si
trova in rapporto organico con l’amministrazione della pubblica
istruzione e non con i singoli istituti, dotati di mera autonomia
amministrativa" (Cass. n. 14484/00, conf.: n. 1000/97, 11041/96,
341/96).
In effetti, tanto il potere disciplinare, quanto la gestione
dell’aspetto economico del rapporto continuano a far capo agli organi
ministeriali centrali, ovvero decentrati sul territorio (cfr.: CCNL-95,
art. 56), dimostrando la permanenza di un rapporto organico con la persona
giuridica Stato.
Da tanto discende che, pur nel novellato quadro offerto dal D. Lgs. n.
165/01 (ex n. 29/93), tuttora datore di lavoro del personale scolastico
sia lo Stato, nella sua personificazione del Ministero della Pubblica
Istruzione, il quale è, quindi, legittimato passivo sia sostanziale che
processuale. Le iniziali incertezze sul punto sono state definitivamente
fugate anche per effetto del DPR. n. 352/01 che, dettando un comma 7-bis
di modifica dell’art. 14, DPR. n. 275/99 (avente ad oggetto
l’autonomia scolastica), ha stabilito, con norma procedimentale ma di
sicuro effetto interpretativo, che: "L’Avvocatura dello Stato
continua ad assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e
passivi davanti le autorità giudiziarie, i collegi arbitrali e le
giurisdizioni amministrative e speciali di tutte le istituzioni
scolastiche cui è stata attribuita l’autonomia e la personalità
giuridica a norma dell’art. 21, L. n. 59/97".
Sebbene spetti per legge (T.U. n. 1611/33) all’Avvocatura dello Stato
la rappresentanza, il patrocinio e l’assistenza delle amministrazioni
dello Stato senza bisogno di mandato alcuno, è opportuno richiamare, sul
piano della legittimatio ad processum, la disposizione di cui all’art.
16, com. 1, lett. ‘f’, D. Lgs. n. 165/01, secondo cui: "I
dirigenti di uffici dirigenziali generali, comunque denominati ( )
promuovono e resistono alle liti ed hanno il potere di conciliare e
transigere ( )". Tale norma è derogatoria, solo per la materia del
contenzioso nel pubblico impiego, di quella (art. 11, T.U. n. 1611/33) che
vuole che la citazione delle Amministrazioni dello Stato sia effettuata
presso l’Avvocatura ma nella persona del Ministro pro tempore, in
quanto, evidentemente, la scelta della difesa del datore di lavoro è
stata ritenuta partecipe della funzione di amministrazione che non di
quella politica. A ben vedere, però, la capacità processuale dei
direttori generali è di carattere onnicomprensivo, non limitata, dunque,
alle questioni inerenti ai rapporti di lavoro, per il solo fatto che
l’art. 4 dello stesso D. Lgs. n. 165, richiamato dalla ridetta lett. ‘f’,
stabilisce la netta separazione fra funzione di governo (tutta) e gestione
concreta dei programmi politici (tutti), affidata ai direttori generali, i
quali, dunque, sono i legali rappresentati dell’amministrazione
interessata, anche processualmente (Cass. n. 7349/98), nel senso che, sia
pure implicitamente, accordano all’Avvocatura il consenso o meno ad
agire e resistere in lite. Il risvolto sostanziale di tali affermazioni è
che solo chi è posto al vertice del rapporto organico può essere
considerato responsabile di certe condotte, anche quelle lesive delle
prerogative sindacali ed anche per le eventuali conseguenze penali che la
tutela di cui all’art. 28 St. Lav. prevede.
Per quanto attiene alla vera e propria difesa tecnica (jus postulandi)
però l’art. 417-bis, com. 1, cpc. stabilisce che. "Nelle
controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni di cui al quinto comma dell’art. 413, limitatamente al
giudizio di primo grado le amministrazioni stesse possono stare in
giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti".
Il che sta a significare che, una volta evocata in lite
l’amministrazione interessata, con citazione presso il suo domicilio
legale – che, per le amministrazioni dello Stato è la sede
dell’Avvocatura distrettuale dello Stato (ex art. 415, com. 7, ult.
parte, cpc.) – e una volta che l’organo di difesa tecnica ha ritenuto di
non dover trattare direttamente la lite (com. 2 art. 417-bis cpc.),
rimettendo gli atti "agli uffici competenti", saranno questi ad
essere stati individuati come i titolari del potere di rappresentare in
lite l’amministrazione dello Stato. Secondo gli ordinamenti da ciascuna
adottai, pertanto, potranno essere uffici del contenzioso allo scopo
istituiti, ovvero gli stessi dirigenti scol