LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
SENTENZA
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 17/2/1999 il Tribunale di Verona,
decidendo sull’appello proposto dall’Esselunga s.p.a. nei confronti di
Tattini Andrea e su quello incidentale da questi proposto, avverso
sentenza del Pretore della medesima città , rigettava gli appelli,
confermando l’accoglimento dell’impugnazione del licenziamento
disciplinare irrogato al Tattini e la conseguente reintegrazione nel posto
di lavoro con condanna della datrice di lavoro al risarcimento del danno,
confermando altresí la detrazione dall’ammontare di esso del reddito di
un’impresa gestita dal Tattini dopo il licenziamento.
Premetteva che il licenziamento era stato intimato per
avere, quale addetto alla cassa, utilizzato la fidaty card di un cliente,
in assenza di costei e per le spese di clienti non muniti di carta, e per
aver poi ritirato i premi corrispondenti al punteggio acquisito.
Osservava, quindi, che il comportamento complessivo del
Tattini, per quanto censurabile ed assoggettabile a sanzioni disciplinari,
no rivestiva gravità tale da giustificare l’irrogazione del
licenziamento.
In primo luogo evidenziava che il codice disciplinare
affisso i azienda prevedeva solo genericamente sanzioni disciplinari, e no
anche il licenziamento, che non è una vera e propria sanzione ma comporta
cessazione del rapporto, mentre le sanzioni hanno valenza giuridica solo
se il rapporto è mantenuto in vita.
In secondo luogo escludeva la sussistenza di un danno
patrimoniale sul rilievo che, se gli acquisti fossero stati fatti dalla
titolare della carta fedeltà , il punteggio, che da diritto ai premi,
sarebbe stato ugualmente acquisito.
Escludeva anche che vi fosse stato danno all’immagine
dell’Esselunga per l’uso abusivo della carta, essendo il fatto
rilevabile solo da controlli interni.
Rilevava, infine, che non vi era stato un utile del
Tattini il quale, come aveva deposto la titolare della carta, aveva
ritirato per lei i premi.
Concludeva per l’esuberanza della sanzione rispetto
al fatto accertato.
Propone ricorso per cassazione affidato ad un unico
complesso motivo l’Esselunga, illustrato poi con memoria, resiste con
controricorso e propone ricorso incidentale con un motivo il Tattini.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi contro la medesima sentenza vanno riuniti ai
sensi dell’art. 335 c.p.c..
Con l’unico motivo del ricorso principale,
denunziando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2106, 2119 c.c.,
dell’art. 7 della legge n. 300 del 1970, 1 e 3 della legge n. 604 del
1966 [1] ed il vizio di illogicità ed omissione di motivazione (art. 360
nn. 3 e 5 c.p.c.), la Esselunga propone una serie di censure alla
correttezza giuridica e logica della motivazione.
Evidenzia l’erroneità giuridica dell’affermazione
che il licenziamento non costituisca una sanzione disciplinare ed il
contrasto di essa anche con il contratto collettivo del terziario che
annovera tra le sezioni il licenziamento.
Rileva, quindi, l’illogicità della motivazione ove
essa afferma che la registrazione degli acquisti, fatti da clienti non
titolari di carta, come fatti da titolare comportava l’attribuzione al
portatore della carta di punti e quindi di premi non dovuti, non
comportava danno della società .
Assume, quindi, come erronea l’affermazione che non
vi sia stato danno o pericolo di danno all’immagine della società in
quanto, come era avvenuto in una precedente vicenda documentata da
sentenza, i clienti si potevano avvedere del passaggio nello scanner della
carta di altri.
Denuncia, poi, come illogica l’affermazione che la
titolare della carta usata dal Tattini avrebbe deposto che questi aveva
ritirato per lei i premi, quando non è stata assunta prova testimoniale.
Illogica è conseguentemente anche l’affermazione che
non vi sarebbe stato profitto del dipendente.
Censura, infine l’omessa valutazione della incidenza
del comportamento accertato sul rapporto fiduciario, particolarmente
intenso in relazione alle mansioni di cassiere e sulla possibile
conversione del licenziamento in tronco in licenziamento per giustificato
motivo soggettivo.
Le censure sub. 3 e 5 non appaiono fondate.
Invero la motivazione, sul punto che il passaggio di
una carta sullo scanner, al momento dell’incasso da parte di un cliente
non titolare di carta, e quindi probabilmente non a conoscenza del
meccanismo di essa, non fosse avvertibile da cliente come comportamento
corretto del cassiere, ma potesse essere accertata solo da controlli
interni, non appare illogica e censurabile in questa sede.
Il fatto che un singolo cliente, particolarmente
attento, si sia potuto avvedere di analogo comportamento, come attestato
da sentenza in altra controversia, non contrasta con questa valutazione
perchè il danno all’immagine deriva da comportamenti percepibili da una
generalità di persone.
Non sussiste, poi, l’omessa valutazione della
incidenza del comportamento complessivo sul rapporto fiduciario in quanto
tale giudizio è implicito nell’affermazione dell’esuberanza della
sanzione espulsiva rispetto al comportamento, valutazione che vale sia per
il licenziamento in tronco che per quello per giustificato motivo
oggettivo.
Sono invece fondate le censure sub. 1, 2, e 4.
La natura di sanzione disciplinare del licenziamento
per inadempimenti delle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro
subordinato è ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di
legittimità , cfr. per tutte SS.UU. n. 3965 del 1994, della Corte
costituzionale, cfr. n. 204 del 1982 e 427 del 1989, della contrattazione
collettiva che regola il rapporto.
Appare, quindi, erronea in diritto l’affermazione che
la espressa previsione di sanzioni disciplinari per la violazione delle
norme interne, che regolano l’uso delle carte in questione, escluda le
sanzioni disciplinari espulsive.
Illogici poi sono i rilievi della mancanza di danno
patrimoniale della datrice di lavoro e di profitto del dipendente.
Infatti il rilievo che il punteggio acquisito dal
possessore della carta corrispondesse ad acquisti reali, non esclude che
l’attribuzione di punteggio e quindi di premi per acquisti di non
titolari di carta comportava il danno patrimoniale corrispondente al
valore dei premi che la società non avrebbe dato ai non titolari della
carta.
Il contestato ritiro dei premi da parte del Tattini è
stato, poi, illogicamente escluso sulla base di una inesistente
deposizione della cliente titolare della carta.
Questi vizi della motivazione incidono su punti
decisivi della motivazione, relativamente alla previsione del
licenziamento come sanzione del codice disciplinare, alla gravità del
fatto per la sussistenza o meno di danno per la datrice di lavoro e di
profitto per il lavoratore, e si riverberano sul punto centrale della
controversia della valutazione dell’adeguatezza della sanzione espulsiva
al fatto contestato e comportano la cassazione della sentenza impugnata ex
art. 360 n. 5 c.p.c..
Il ricorso incidentale avente ad oggetto la misura del
danno conseguente all’illegittimo licenziamento è assorbito
dall’accoglimento del ricorso principale.
La causa va rinviata per nuovo esame ad altro giudice,
che si designa nel dispositivo; allo stesso giudice si demanda anche, ex
art. 385, 3° comma, c.p.c. di provvedere sulle spese del giudizio di
cassazione.
PQM
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso
principale, dichiara assorbito quello incidentale, cassa la sentenza
impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità , alla
Corte di Appello di Venezia.
Roma, 27/11/2001.
Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2002.