Lavoro

Concorsi: Nulle le clausole che assicurano posti ai figli di dipendenti (Cassazione 570/2002)

Suprema Corte di Cassazione,
Sezione Lavoro, sentenza n.570/2002 (Presidente: F. Lupi; Relatore: C.
Filadoro)

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

SENTENZA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 23 ottobre 1997- 24 gennaio 1998, il
Tribunale di Palermo, in riforma della decisione del locale Pretore,
rigettava la domanda proposta da Ivana Garofalo e CristianaTernullo,
intesa ad ottenere l’affermazione del loro diritto all’assunzione in
servizio da parte di Sicilcassa, con il pagamento delle retribuzioni che
le stesse avrebbero percepito se fossero state tempestivamente assunte,
nei termini indicati dal bando di concorso del 4 agosto 1992, (riservato
ai soli figli dei dipendenti che avessero risolto contestualmente il
proprio rapporto di lavoro con la Cassa).

Il Tribunale esaminava il secondo motivo di gravame,
con il quale Sicilcassa denunciava che il Pretore erroneamente non avesse
dichiarato la nullità  dell’intero bando di concorso, limitandosi ad
eliminare solo quella parte di esso che escludeva dall’assunzione quei
figli di dipendenti dimissionari che comunque avessero altri parenti od
affini entro il terzo in grado in attività  di servizio presso la Cassa.

I giudici di appello concludevano che il Pretore
avrebbe dovuto dichiarare nullo l’intero bando perchè contrario a norma
imperativa (ed in particolare all’art. 8 della legge n. 300 del 1970).

Infatti, la limitazione della partecipazione al
concorso dei soli figli di dipendenti in attività  di servizio non poteva
ritenersi una semplice clausola del bando ( affetta da nullità  parziale),
trattandosi invece di una specificazione dei soggetti ai quali il bando
stesso era diretto.

La domanda della Garofalo e della Ternullo doveva
essere, pertanto, rigettata, in totale riforma della decisione di primo
grado.

Avverso tale decisione le stesse hanno proposto ricorso
per cassazione sorretto da due distinti motivi.

Sicilcassa resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, le ricorrenti denunciano violazione e falsa
applicazione degli artt. 1418 e 1419 cod. civ. [1].

Le ricorrenti richiamano la giurisprudenza di questa Corte, la quale
afferma la nullità  parziale delle clausole che limitino la partecipazione
a concorso a figli di dipendenti in servizio.

Tra l’altro, osservano le ricorrenti, in conformità  al principio di
conservazione dell’atto negoziale, la nullità  parziale costituisce la
regola, siccè incombe su colui che adduca la nullità  dell’intero atto
(nella specie, appunto, il bando di concorso) provare l’esistenza di
specifici elementi che dovrebbero condurre alla soluzione opposta.

Con il secondo motivo, le ricorrenti denunciano violazione e falsa
applicazione degli artt. 1175, 1338, 1341 e 1375 cod. civ., nonchè omessa
motivazione.

All’epoca in cui era stato bandito il concorso (4 agosto 1992),
Sicilicassa doveva essere a conoscenza dell’orientamento
giurisprudenziale di questa Corte in materia di bandi di concorso
riservati a figli di dipendenti e ciò nonostante aveva deliberatamente
inserito nel bando una clausola limitativa di tal genere per poter, a suo
piacimento e senza alcun controllo, escludere dall’assunzione chi, come
le ricorrenti, non le era gradito.

Il comportamento posto in essere da Sicilcassa, pertanto, avrebbe
dovuto essere esaminato dai giudici di appello alla luce dei principi di
correttezza e buona fede, imposti dalle norme di legge sopra richiamate.

I due motivi, da esaminare congiuntamente perchè connessi tra di loro,
no sono fondati.

Il Collegio intende ribadire il proprio constante orientamento
giurisprudenziale, secondo il quale la clausola del bando di concorso per
il reclutamento di nuovo personale da parte di un ente pubblico economico,
la quale subordini l’assunzione dei vincitori all’inesistenza di
vincolo di coniugio è nulla, contrastando sia con i precetti
costituzionali in materia di tutela del lavoro (artt. 1, 4 e 35) e dei
diritti della persona (artt. 3 e 31), sia le norme di legge che escludono
qualsiasi rilievo, nell’ambito del rapporto di lavoro, a fatti che non
siano rilevanti all’attitudine professionale del lavoratore(Cass. nn.
2430 dell’8 marzo 1991, cfr. Cass. nn. 7081 del 1986, 5650 del 1985,
2807 del 1994, 4413 del 1982, 2509 del 1982, 4736 del 1981).

Come questa Corte ha inoltre, più volte sostenuto, precisato, il
principio sopra specificato vieta non solo la limitazione ad excludendum
ma anche quella ad includendum.

è stato osservato, infatti, che come l’assenza, cosí la presenza
dei suddetti vincoli è un fatto estraneo all’attitudine professionale
del lavoratore; sicchè contraria all’art. 8 dello Statuto dei
lavoratori, oltre che ai principi dettati dagli artt. 1, 4 e 35 della
Costituzione, è anche la clausola che subordina l’assunzione
all’esistenza nonchè all’inesistenza di vincoli di parentela con
dipendenti dell’ente (Cass. n. 2430 del 1991 cit.).

Tale orientamento giurisprudenziale è pienamente condiviso dal
Collegio.

La limitazione della partecipazione al concorso di figli di ex
dipendenti e di dipendenti in attività  di servizio non costituisce,
infatti, una clausola del bando (della quale possa dichiararsi la nullità 
parziale con gli effetti previsti dall’art. 1419 cod. civ.), dovendosi
piuttosto dichiarare la nullità  radicale del bando, in quanto diretto
esclusivamente a figli o parenti di dipendenti, e ciò in contrasto con
norme imperative.

Anche a voler considerare una clausola, quella parte del bando di
concorso che limitava la partecipazione allo stesso ad una categoria di
soggetti delimitata da criteri di parentela con dipendenti della Cassa, è
appena il caso di dire che la stessa, secondo quanto risulta dalla
decisione impugnata, appariva indissolubilmente legata all’altra
condizione (dato il necessario collegamento fra nuove assunzioni e
dimissioni di dipendenti in servizio).

L’assunzione dei nuovi dipendenti era, esplicitamente, condizionata
alla contemporanea cessazione dei rispettivi genitori, per dimissioni.

Poichè la volontà  della Cassa si era espressa in questo senso ed era,
all’evidenza, motivata anche da comprensibili ragioni di contenimento
della spesa per il personale dipendente, la domanda di partecipazione al
concorso di una persona che non avesse vincoli di parentela con dipendenti
della stessa (o che non potesse comunque garantire la contestuale
assunzione) non avrebbe potuto evidentemente essere presa in
considerazione.

Senza necessità  di particolari accertamenti di merito, pertanto,
risulta, sotto un profilo logico, evidente l’essenzialità  della c.d.
clausola rispetto alle determinazioni della Cassa in ordine all’intero
bando, si da invalidare l’intero bando, anche in ipotesi di applicazione
del primo comma dell’art. 1419 cod civ..

Il nucleo essenziale della promessa di procedere all’assunzione di
nuovi dipendenti, e la finalità  stessa della selezione in esame,
sottolinea la Cassa resistente, non era tanto quella di assumere nuovo
personale, quanto quella di ottenere attraverso un ricambio generazionale
(con soggetti che, dato lo stretto vincolo di parentela con ex dipendenti,
offrivano verosimilmente maggiori garanzie di affidabilità  rispetto a
soggetti estranei all’azienda) la riduzione dei costi del personale per
effetto del prepensionamento di personale anziano.

In altre parole, non sarebbe stato logicamente possibile consentire la
partecipazione alla selezione a persone che non avessero vincoli di
parentela con dipendenti della Cassa, proprio perchè un estraneo non
avrebbe potuto comunque garantire la cessazione di un dipendente della
Cassa, contestualmente alla propria assunzione.

Sarebbe, cosí, venuto meno il presupposto essenziale (le dimissioni di
altro dipendente) che avevano indotto la società  alla contestuale
assunzione di nuovo personale.

Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione delle
spese del giudizio

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa la spese del giudizio.

Roma, 17 ottobre 2001.

Depositata in cancelleria il 21 gennaio 2001.

NOTE

[1] Art.1418 codice civile (Cause di
nullità  del contratto): Il contratto è nullo quando è contrario a
norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente.

Producono nullità  del contratto la mancanza di uno
dei requisiti indicati dell’art.1325, l’illiceità  della causa,
l’illiceità  dei motivi nel caso indicato dall’art. 1345 e la mancanza
nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’art.1346.

Il contratto è altresí nullo negli altri casi
stabiliti dalla legge.

Art.1419 (Nullità  parziale): La nullità  parziale di
un contratto o la nullità  di singole clausole importa la nullità 
dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero
concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla
nullità .

La nullità  di singole clausole non importa la nullità 
del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da
norme imperative.

 


 

https://www.litis.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Litis.it
Panoramica privacy

This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.