Giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 394 (Interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura) Corte Cost. Sent. 25/02/02 n. 29
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SENTENZA N.29/2002
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA
CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
–
Cesare
RUPERTO
Presidente
–
Massimo
VARI
Giudice
–
Riccardo
CHIEPPA "
–
Gustavo
ZAGREBELSKY
"
–
Valerio
ONIDA "
–
Carlo
MEZZANOTTE
"
–
Fernanda
CONTRI "
–
Guido
NEPPI MODONA
"
–
Piero Alberto
CAPOTOSTI "
–
Annibale
MARINI "
–
Franco
BILE "
–
Giovanni Maria
FLICK "
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nel
giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del
decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 394 (Interpretazione autentica della legge
7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura), promosso con
ordinanza emessa il 30 dicembre 2000 dal Tribunale di Benevento, iscritta al
n. 153 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2001,
nonchè nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del
decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 394, convertito, con modificazioni, in
legge 28 febbraio 2001, n. 24, promossi con ordinanze emesse il 4 maggio 2001
dal Tribunale di Benevento e il 27 giugno 2001 dal Tribunale di Taranto,
rispettivamente iscritte ai nn. 587 e 703 del registro ordinanze 2001 e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica nn. 33 e 38, prima serie speciale, dell’anno 2001 e nel
giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 28 febbraio
2001, n. 24 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29
dicembre 2000, n. 394, concernente interpretazione autentica della legge 7
marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura), promosso con
ordinanza emessa il 18 marzo 2001 dal Tribunale di Trento, iscritta al n. 369
del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2001.
Visti gli atti di
costituzione di Scialpi Stefano, della Cassa rurale ed artigiana-Banca di
credito cooperativo del Sannio-Calvi s.c. a r.l., del Mediocredito
Trentino-Alto Adige s.p.a. e della Banca nazionale del lavoro s.p.a. nonchè
gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza
pubblica del 4 dicembre 2001 il Giudice relatore Annibale Marini;
uditi gli avvocati Antonio
Tanza e Bruno Inzitari per Scialpi Stefano, l’avvocato Antonio Baldassarre
per la Cassa rurale ed artigiana-Banca di credito cooperativo del Sannio-Calvi
s.c. a r.l., per Mediocredito Trentino-Alto Adige s.p.a. e per la Banca
nazionale del lavoro s.p.a. e l’avvocato dello Stato Giorgio D’Amato per
il Presidente del Consiglio dei ministri
Ritenuto
in fatto
1.- Con
ordinanza del 30 dicembre 2000, depositata il 2 gennaio 2001, il Tribunale di
Benevento – nel corso di un procedimento di opposizione ad un decreto
ingiuntivo emesso, in favore di un istituto di credito, per un credito
derivante, a titolo di capitale ed interessi, da un contratto di mutuo
stipulato in data 4 agosto 1994 – ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,
24, 47 e 77 della Costituzione, “questione di legittimità costituzionale
dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge 28/12/2000” [recte:
decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 394 (Interpretazione autentica della
legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura)].
Espone il
rimettente, in punto di rilevanza della questione, di essere chiamato a
decidere su un’istanza di sospensione della provvisoria esecuzione, fondata
sull’eccezione di nullità sopravvenuta, ex
art. 1815, secondo comma, del codice civile, della pattuizione relativa agli
interessi, alla stregua dell’indirizzo giurisprudenziale espresso dalla
Corte di cassazione nella sentenza 17 novembre 2000, n. 14899. Aggiunge che,
se non fosse intervenuta la norma impugnata ” secondo la quale, ai fini
dell’applicazione dell’art. 1815, secondo comma, del codice civile, l’usurarietà
degli interessi va valutata esclusivamente al momento della pattuizione ”
egli si sarebbe senz’altro adeguato, nelle decisioni sull’istanza degli
opponenti e più in generale sulla successiva istruzione della causa,
all’opposto principio di diritto sancito nella suddetta sentenza.
Ciò posto,
deduce nel merito che il citato art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 394 del
2000 sarebbe innanzitutto lesivo dell’art. 3 Cost. “in quanto […]
contraddittoriamente ed irragionevolmente riserva un ingiustificato
trattamento di favore per le banche e gli altri enti creditizi che abbiano
commesso usura a danno di coloro che in passato, indiscriminatamente sia prima
sia dopo il marzo 1996, hanno contratto mutui alle condizioni dettate dal
cartello bancario, i quali non possono più avvalersi delle disposizioni della
legge 108/1996 e quindi della nullità delle clausole con le quali sono stati
convenuti interessi usurari e consequenzialmente del disposto di cui agli artt.
1339 e 1815 comma 2 c.c.”.
Ulteriore
lesione del principio costituzionale di eguaglianza deriverebbe poi dalla
efficacia retroattiva della norma, solo apparentemente di interpretazione
autentica ma in realtà innovativa e contrastante con l’interpretazione
della legge n. 108 del 1996 pacificamente accolta in giurisprudenza, cosí da
costituire una sanatoria di rapporti di mutuo obiettivamente usurari.
Per gli stessi
motivi risulterebbe altresí violato l’art. 24 Cost., restando leso il
diritto alla tutela giurisdizionale di coloro i quali si sono opposti alle
pretese degli istituti di credito “in base al diritto vigente all’epoca
della domanda”.
La norma
denunciata si porrebbe inoltre in contrasto con l’art. 47 Cost., non
tutelando il risparmio bensí l’interesse dei banchieri ed ostacolando
l’accesso al credito ed alla proprietà della casa di abitazione, nonchè
con l’art. 77 Cost. per carenza assoluta dei presupposti di necessità ed
urgenza giustificativi dell’emanazione dei decreti legge.
1.1.- Si è
costituita in giudizio la Cassa rurale ed artigiana”Banca di credito
cooperativo del Sannio”Calvi s.c. a r.l., concludendo per “la manifesta
inammissibilità e/o manifesta infondatezza e, in subordine,
l’inammissibilità e/o infondatezza della questione”.
In una memoria
depositata nell’imminenza dell’udienza pubblica la parte deduce ” a
sostegno dell’eccezione di inammissibilità della questione ” che le
censure che il rimettente muove alla norma impugnata non si riferirebbero in
realtà all’interpretazione autentica dell’art. 1815, secondo comma, cod.
civ. ” essendo già precedentemente evidente il riferimento di tale norma al
solo momento della pattuizione di interessi ” ma riguarderebbero
esclusivamente gli effetti della norma stessa sulla diversa disposizione di
cui all’art. 644 del codice penale, di cui il medesimo giudice non sarebbe
chiamato a far