Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio- Corte Cost. Sent. n. 169 31/05/01
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SENTENZA
N.169
ANNO
2001
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA
CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
–
Fernando
SANTOSUOSSO Presidente
–
Massimo
VARI
Giudice
–
Riccardo
CHIEPPA
"
–
Gustavo
ZAGREBELSKY
"
–
Valerio
ONIDA
"
–
Carlo
MEZZANOTTE
"
–
Guido
NEPPI MODONA
"
–
Piero Alberto CAPOTOSTI
"
–
Annibale
MARINI
"
–
Franco
BILE
"
–
Giovanni Maria FLICK
"
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nei
giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 100 e 101 del decreto
legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e
riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’art. 1 della legge 25
giugno 1999, n. 205), promossi con le ordinanze emesse il 15 marzo 2000 dal
Tribunale di Catanzaro, il 12 aprile 2000 dal Magistrato di sorveglianza di
Macerata, il 20 marzo 2000 dal Magistrato di sorveglianza di Avellino e il 26
febbraio 2000 (n. 2 ordinanze) dal Tribunale di Firenze, sezione distaccata di
Empoli, rispettivamente iscritte ai nn. 328, 404, 422, 426 e 427 del registro
ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica nn. 25, 29 e 30, prima serie speciale,
dell’anno 2000.
Visti
gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito
nella camera di consiglio del 24 gennaio 2001 il Giudice relatore Massimo
Vari.
Ritenuto in fatto
1.¾
Con ordinanza del 15 marzo 2000 (r.o. n. 328 del 2000), il giudice
dell’esecuzione del Tribunale di Catanzaro ha sollevato, in riferimento
all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale
dell’art. 101, comma 2, del decreto legislativo n. 507 del 1999
(Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai
sensi dell’art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), "nella parte in
cui prevede che siano riscosse con le forme dell’esecuzione penale le multe
inflitte con le sentenze di condanna divenute irrevocabili prima
dell’entrata in vigore del decreto" stesso.
1.1.¾
Premette il rimettente di essere stato investito, da parte del pubblico
ministero, della richiesta di revoca di una sentenza, divenuta irrevocabile in
data 8 dicembre 1999, con la quale è stata inflitta all’imputato la pena
della multa, per il reato di cui all’art. 2 della legge 15 dicembre 1990, n.
386 (Nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari), depenalizzato
dall’art. 29 del decreto legislativo sopra menzionato.
1.2.¾
Nell’osservare, quanto a rilevanza della questione, che dalla disposizione
denunciata “discende, nell’applicazione al caso concreto, il potere di
ordinare l’esecuzione della pena pecuniaria inflitta con il titolo esecutivo
devoluto per la revoca, ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen.”, il
giudice a quo ritiene violato
l’art. 3 della Costituzione, a causa della "irragionevole disparità di
trattamento fra situazioni omogenee e comparabili", evidenziando che, nel
caso di sentenza di condanna a pena detentiva divenuta irrevocabile prima
dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 507 del 1999, alla revoca
del titolo per l’intervenuta abolitio
criminis non consegue l’applicazione di alcuna sanzione, mentre il
condannato alla sola pena pecuniaria, per il medesimo titolo di reato, deve
soggiacere all’esecuzione della sanzione, nonostante la minore lesività
della sua condotta.
Il
rimettente, escluso di poter fornire "una interpretazione
alternativa" e "costituzionalmente orientata" della
disposizione oggetto di censura, ritiene che la evidenziata disparità di
trattamento potrebbe essere eliminata solo ipotizzando "un potere di
sostituzione della pena detentiva" con la corrispondente pena pecuniaria,
in modo da agire in sede esecutiva a termini dell’art. 101 del decreto
legislativo n. 507 del 1999. Ciò, tuttavia, implicherebbe un’operazione
ermeneutica additiva in peius, con
violazione dei principi del favor rei
e dell’intangibilità del giudicato.
2.¾
In riferimento sempre all’art. 3 della Costituzione, la stessa disposizione
viene denunciata, inoltre, dal Magistrato di sorveglianza di Macerata, con
ordinanza del 12 aprile 2000 (r.o. n. 404 del 2000), nel corso di un
procedimento relativo alla "conversione o rateizzazione" della pena
pecuniaria rimasta insoluta, inflitta per i reati di cui agli artt. 1 e 2
della legge n. 386 del 1990, depenalizzati dagli artt. 28 e 29 del decreto
legislativo n. 507 del 1999. Il rimettente, nell’escludere che il debito che,
in base alla predetta disposizione, residua, a carico del condannato a pena
pecuniaria, possa identificarsi con la pena pecuniaria amministrativa, ovvero
con la sanzione pecuniaria non penale da devolvere alla Cassa ammende, che ha
natura disciplinare, ovvero, ancora, con le spese di giustizia, osserva che
"se si ritenesse in toto
revocabile il titolo di condanna e non solo limitatamente alla pena detentiva
comminata, non si individuerebbe neppure la fonte dell’obbligo a carico del
reo di corrispondere le spese di giustizia". Ciò posto, il giudice a
quo ritiene che si tratti di "pene pecuniarie criminali", perchè
altrimenti non potrebbe spiegarsi nè il fatto che, "nonostante la revoca
(parziale) della sentenza con cui sono state inflitte", permangano, in
base all’art. 101, comma 3, la confisca e le pene accessorie, che
presuppongono necessariamente una condanna o quantomeno l’esistenza di un
reato, nè, al tempo stesso, il riferimento testuale del legislatore, nella
formulazione della disposizione denunciata, alle "multe e ammende",
come pure il richiamo alle norme "sull’esecuzione delle pene
pecuniarie".
2.1.¾
Precisato che la questione è rilevante nel giudizio principale, poichè dalla
disposizione dell’art. 101 del decreto legislativo n. 507 del 1999 deriva la
necessità di convertire o rateizzare, nel caso concreto, la pena pecuniaria
insoluta, ex art. 660 cod. proc.
pen., l’ordinanza rileva una irragionevole disparità di trattamento,
censurabile ex art. 3 della Costituzione, tra colui che sia stato condannato a
pena detentiva, con sentenza divenuta irrevocabile prima dell’entrata in
vigore del decreto legislativo n. 507 del 1999, per il reato di cui all’art.
2 della legge n. 386 del 1990, e colui che, per lo stesso reato, sia stato
condannato alla sola pena pecuniaria. Analoga disparità di trattamento
sussiste, inoltre, a giudizio del rimettente, tra il condannato a pena
pecuniaria e il condannato a pena detentiva breve sostituita, in base alla
legge n. 689 del 1981, dalla libertà controllata, nonchè, in riferimento al
reato previsto dall’art. 1 della legge n. 386 del 1990, tra il condannato a
pena detentiva e il condannato alla reclusione sostituita dalla multa.
Nell’osservare che, in tal modo, viene riservato un trattamento deteriore a
chi, punito con la pena pecuniaria, direttamente o a seguito di sostituzione
della pena detentiva, ha posto in essere una condotta meno lesiva del bene
protetto, o comunque tale da suscitare un minore allarme sociale, rispetto a
quella posta in essere dal condannato a pena detentiva, sia pure sostituita
con una sanzione sostitutiva, il magistrato di sorveglianza osserva
ulteriormente che le trasgressioni della libertà controllata in cui è stata
sostituita, ex art. 102 della legge n. 689 del 1981, l’originaria pena
pecuniaria insoluta, possono determinare la conversione della sanzione
sostitutiva non eseguita in pena detentiva, ai sensi dell’art. 108 della
legge citata.
Il
rimettente denuncia, perciò, la disposizione dell’art. 101, comma 2, del
decreto legislativo n. 507 del 1999, "nella parte in cui prevede che
siano riscosse con l’osservanza delle norme sull’esecuzione delle pene
pecuniarie le multe inflitte, direttamente od a seguito di sostituzione
dell’originaria pena detentiva, con le sentenze di condanna" divenute
irrevocabili prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 507 del
1999, non senza rilevare l’impossibilità di una interpretazione
alternativa, costituzionalmente corretta, in quanto ciò condurrebbe alla
necessità di riqualificare giuridicamente la pena criminale pecuniaria
residua in pena amministrativa, o in sanzione dovuta per la Cassa ammende o in
spese di giustizia, nonostante la diversa conclusione cui inducono gli
argomenti già considerati al riguardo.
3.¾
Anche il Magistrato di sorveglianza di Avellino ha sollevato, con ordinanza
del 20 marzo 2000 (r.o. n. 422 del 2000), questione di legittimità
costituzionale del menzionato art. 101, comma 2, del decreto legislativo 30
dicembre 1999, n. 507, per violazione degli artt. 3 e 13 della Costituzione,
nella parte in cui tale disposizione, "nel fare riferimento alle norme
sulla esecuzione delle pene pecuniar