Affido condiviso. No al ricorso per cassazione contro i provvedimenti adottati nell’interesse del minore – Cassazione Civile, Sentenza 21718/2010
Più potere di intervento ai giudici di merito nell’adozione dei provvedimenti resi nell’interesse del minore in affido condiviso. Il provvedimento con cui il giudice ammonisce il genitore che viola gli obblighi sull’affidamento del figlio minore non è impugnabile in Cassazione. Lo ha stabilito la Suprema Corte che, con la sentenza n. 21718 ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di una donna contro l’ammonizione disposta nei suoi confronti dal giudice della separazione.
La madre, affidataria del figlio minore, aveva unilateralmente trasferito la sua residenza e quella del piccolo in un altro comune e il padre aveva chiesto al giudice di ammonirla ai sensi dell’articolo 709 ter del codice di procedura civile. Richiesta respinta dal giudice di primo grado, che si era limitato ad invitare entrambi i genitori a ridurre la loro conflittualità nell’interesse del figlio, ma accolta dalla Corte d’Appello, che ammoniva la donna e sanciva l’affido condiviso, disponendo il collocamento del minore presso il padre.
La pronuncia della Corte è stata confermata dalla Cassazione, che ha giudicato inammissibile il ricorso della donna, I supremi giudici hanno ricordato che l’articolo 709 ter del codice, introdotto dalla legge n. 54 del 2006, ha fornito al giudice un nuovo strumento per la soluzione dei conflitti tra i genitori sui “figli contesi”, conferendo allo stesso giudice del procedimento il potere di emanare provvedimenti, come l’ammonizione del genitore inadempiente che impedisce l’esercizio delle modalità di affidamento. Si tratta di atti che, come sottolineato dai giudici della prima sezione civile, “esaurita la fase del reclamo, non appaiono ricorribili per Cassazione, pur coinvolgendo diritti fondamentali dell’individuo”.
Gli Ermellini hanno quindi concluso che “tali provvedimenti non sono suscettibili di impugnazione in questa sede, in quanto meramente sanzionatori e privi del carattere della decisorietà.”.
In Cassazione non si può fare ricorso nemmeno, dicono i supremi giudici, se un genitore è contrario non solo a decisioni su “aspetti patrimoniali”, ma anche a disaccordi su come “il minore si veste o a quali spettacoli può assistere ecc.”.
(Litis.it, Cassiodoro Vicinetti)